Mercati & Finanza

Il Blog di Ida Pagnottella

 

Gli indici di mercato:

i nostri nuovi arbitri dei mercati finanziari, non tanto imparziali

Dicembre 2020

Traduzione dell’articolo It’s the Index Stupid scritto dai ricercatori Johannes Petry, Jan Fichtner e Eelke Heemskerk

Johannes Petry è un ricercatore post dottorato IRC al Centro di Eccellenza SCRIPTS, della Libera Università di Berlino.
Jan Fichtner è un ricercatore senior del progetto CORPNET, dell’Università di Amsterdam.
Eelke Heemskerk è il capo ricercatore del progetto CORPNET, dell’Università di Amsterdam.

Nel corso del 2020 la ricchezza di Elon Musk ha avuto un incremento esplosivo, dai 27,7 miliardi di dollari agli attuali 147 miliardi. Musk ha persino superato Bill Gates, diventando la seconda persona più ricca del mondo. È stato un notevolissimo salto per il suo patrimonio: Musk a gennaio 2020 era solo al 36° posto. Questi suoi guadagni sono tutti spiegati dall’aumento del prezzo delle azioni di Tesla sul mercato: queste ultime sono aumentate fino a 650 dollari a dicembre 2020, mentre a gennaio 2020 venivano scambiate a 86 dollari. Tesla è al momento una dei titoli azionari quotati con prezzo più elevato rispetto agli utili.

La maggiore crescita di valore di Tesla è arrivata a novembre 2020, grazie all’annuncio della sua inclusione nell’indice S&P 500. La settimana successiva a tale annuncio, il prezzo di Tesla è aumentato del 33%, visto che i fondi passivi di investimento (gli ETF) erano obbligati ad investire oltre 70 miliardi di dollari in Tesla per adeguarsi all’indice. Questo è stato un notevole incremento di valore per le azioni di un’impresa che molti analisti già ritenevano sopravvalutate dal mercato.

Il 21 settembre 2020, Yinghang ‘James’ Yang veniva arrestato per insider trading dalla Commissione Americana dei Titoli e della Borsa (SEC). Yang era un dipendente della società Standard & Poor’s Dow Jones Indices (S&P DJI), ed era membro di una commissione interna che decideva quali titoli erano da includere o da escludere dagli indici creati dalla società (indici usati dall’industria degli ETF). Yang aveva usato queste conoscenze da insider per scambiare opzioni di queste aziende attraverso il conto di un amico, facendo profitti per oltre un milione di dollari. Il caso è attualmente in fase di investigazione da parte delle autorità americane.

Questi due fatti potrebbero sembrare non correlati, eppure entrambi gli episodi fanno parte di un cambiamento strutturale che ha fondamentalmente cambiato i mercati finanziari in tutto il mondo. E cioè, lo spostamento verso investimenti passivi indicizzati, che ha portato ad un aumento di potere delle società che creano tali indici.

Basandoci su una pubblicazione scientifica recente (LINK), possiamo capire l’importanza sempre più centrale degli indici finanziari nei mercati. Anche se viene raramente discusso dai non professionisti del settore, comprendere l’industria degli indici è indispensabile per capire i mercati finanziari. Oggi sono gli indici, e non il mercato, a guidare sempre di più i flussi finanziari.

L’era “anti-americana” degli investimenti passivi?

Perché la gestione passiva è diventata così importante nel ventunesimo secolo? Mentre i fondi passivi (come, ad esempio, gli ETF o i fondi comuni di investimento passivi) sono stati disponibili per decenni, gli investitori li hanno evitati per tanto tempo. Per molti anni, gli esperti avevano definito questi canali di investimento “anti-americani”. Ci si lamentava del fatto che questi ultimi semplicemente replicavano la performance di specifici mercati azionari, piuttosto che provare a fare meglio del mercato selezionando le azioni. Alcuni critici si sono addirittura chiesti se la gestione passiva degli investimenti fosse “peggio del Marxismo?”.

Al contrario, gli investitori che battevano il mercato – come Warren Buffet, George Soros e Ken Griffin – erano visti come il fondamento della finanza americana, e non sfruttatori che semplicemente imitavano l’andamento medio dei mercati.

Tutto questo cambiò in modo drammatico con la crisi globale dei mercati finanziari del 2007-2009. Anche se la “Grande Moderazione” prima della crisi fu marcata da una crescita abnorme della redditività finanziaria, in un mondo post-crisi, con la presenza di QE, i gestori di fondi attivi di investimento non potevano più realizzare guadagni considerevoli e contemporaneamente richiedere compensi elevati. Questo rese evidente quanto costoso fosse l’utilizzo dei loro servizi.

Di conseguenza, globalmente almeno 3.200 miliardi di dollari di investimenti sono usciti dai fondi azionari a gestione attiva, mentre in concomitanza più di 3100 miliardi di dollari sono entrati nei fondi azionari di indici nel periodo che va dal 2006 al 2018.

Come ci mostra la scorecard di S&P SPIVA, la grande maggioranza dei fondi a gestione attiva sono stati incapaci di fare meglio degli indici che seguivano l’andamento di tutto il mercato sul lungo periodo, ma nonostante questo chiedevano alti compensi. Mentre questo fatto non veniva percepito come un grosso problema nel periodo pre-crisi di spropositati tassi di rendimento dell’attivo, è diventato fondamentale per le decisioni di investimento in un contesto post-crisi di bassi rendimenti. Questo si è manifestato in una migrazione di massa dei capitali dai fondi a gestione attiva verso i fondi passivi, molto più economici, che semplicemente replicano gli indici finanziari per tutto lo scorso decennio. A metà del 2019, per la prima volta l’attivo investito dai fondi azionari americani in indici ha sorpassato quello dei fondi di gestione attiva in fondi azionari. Come risultato siamo entrati nella nuova era degli investimenti passivi. Un’era in cui gli indici sono in evidenza e al centro.

Una caratteristica cruciale di questa nuova era di finanza globale è la nuova dinamica tra fondi e fornitori. I fondi che investono in indici delegano di fatto le loro decisioni di investimento ai fornitori di indici. I fornitori di indici sono le compagnie che creano e mantengono gli indici sui quali i fondi passivi sono costruiti. Fanno buoni profitti dal nuovo status quo, perché i gestori di patrimoni devono pagare un compenso se li replicano. Come ha dichiarato Howard Marks di Oaktree Capital: “Qualcuno sta prendendo decisioni molto attive su quali aziende quotate in borsa saranno in ciascuno di questi prodotti “passivi” […] le persone che creano questi indici stanno decidendo su quali azioni si investirà”.

L’investimento in indici d mercato quindi rappresenta una forma di “gestione delegata”. Ciascuna decisione discrezionale da parte dei fornitori di indici ha un “effetto a catena sul portafoglio degli investitori”.

Nel passato, gli indici servivano principalmente per scopi informativi. Un indice come l’americano S&P 500, il britannico FTSE 100 o il giapponese Nikkei era principalmente una rappresentazione numerica di un particolare mercato azionario. In questo contesto, gli indici avevano un ruolo umile, un benchmark con cui gli analisti potevano valutare la performance delle azioni. Mentre le decisioni dei fornitori di indici avevano qualche influenza sui fondi a gestione attiva, l’ascesa recente dell’investimento passivo ha trasformato il loro ruolo in modo profondo. Oggi sono fondi “timone”, grazie alla loro selettiva inclusione di compagnie o Paesi. Avere un posto in indici chiave può portare a flussi in entrata per molti miliardi di dollari, mentre al contrario l’esclusione può portare ad altrettanto grandi flussi in uscita. La fortuna (come quella goduta da Elon Musk quest’anno) o la rovina può dipendere dagli ingressi negli indici.

Al posto del “mercato”, sono sempre più le commissioni per gli indici che prendono le decisioni sugli investimenti finanziari, modellando la sorte e le ricchezze delle compagnie che ne fanno parte. I fornitori di indici sono diventati i pilastri di maggior potere nella struttura stessa del capitalismo americano, giocando un ruolo sempre più centrale e influente. Gli indici che loro creano sono parte fondante della nuova era degli investimenti passivi. Come sottolinea Robin Wigglesworth di FT: “Gli indici finanziari sono verosimilmente le forze più sottovalutate che stanno modellando i mercati finanziari”.

Da dove provengono gli indici? Perché hanno importanza?

Detto semplicemente, gli indici sono strumenti numerici che consentono una valutazione di gruppi di attività nel tempo. Lo scopo degli indici è quello di mostrare la performance di una specifica entità economica con un singolo numero – per esempio, il mercato azionario di una nazione (S&P 500). Questo rende i beni di un dato paniere di aziende relativamente facile da comprendere, e anche comparabile nel tempo.

Un indice tipicamente consiste in una serie di date e numeri corrispondenti, valutazioni basate su una serie di attivi (es. i prezzi azionari). A questi attivi vengono assegnati specifiche ponderazioni, la cui sequenza descrive la performance degli attivi valutati. In questo modo, gli indici demarcano i confini di quello che sono queste entità: le 500 imprese che lo S&P 500 valuta sono sinonimo del mercato azionario americano (o, perlomeno, vengono ampiamente percepite in questo modo).

Questi indici sono misure importanti per l’attività economica e sono diventati una parte costante della nostra rappresentazione dell’economia e dei nostri ragionamenti riguardo quest’ultima.

Come fanno notare i teorici degli indici Rauterberg e Verstein:

“[Vi] è un mito di obiettività che caratterizza gli indici come costrutti matematici platonici, i quali esistono largamente indipendenti dall’intervento umano o dalla creatività. […] Secondo questo punto di vista, gli indici sono fatti obiettivi oppure affermazioni obiettive riguardo il mondo. Per esempio, che lo S&P 500 sia sopra 1000 è una verità osservabile e oggettiva e non necessita d’interpretazione o di giudizio umano […] come la temperatura.”

Invece che un puro esercizio tecnico, costruire indici è intrinsecamente politico. Essi rappresentano “decisioni deliberate”, visto che ogni indice è un portafoglio gestito la cui composizione è decisa dal suo corrispondente fornitore di indici. Le commissioni dei fornitori di indici decidono inclusioni e esclusioni, e per questo hanno una “discrezionalità enorme”. Infatti, i processi di creazione di indici sono attività intrinsecamente soggettive. Come dicono Rauterberg e Verstein: “discrezione umana e giudizi valutativi sono ingredienti essenziali anche nei più “obiettivi” indici”.

L’industria dei fornitori di indici ha adottato la capitalizzazione azionaria del flottante – la totale capitalizzazione di mercato meno gli share detenuti nel lungo periodo dai fondatori o dai governi – come la loro apparentemente obiettiva base per, virtualmente, tutti i calcoli per indici.

Ma chiaramente questo approccio del flottante porta a dei risultati che sorprendono la maggior parte dei non addetti ai lavori. Prendiamo ad esempio il ben noto indice MSCI World. Per molti investitori retail, questo indice è sinonimo di un’allocazione del capitale globalmente diversificato, ma in realtà il peso del mercato azionario americano è di oltre il 66%. In modo analogo, comprare un fondo che segue l’indice per i Mercati Emergenti MSCI dà come risultato un portafoglio che ha per il 41% investimenti in Cina, il cui peso è aumentato dal 18% del 2014. Negli Stati Uniti, l’importante indice S&P 500 è diventato molto meno diversificato. Il solo peso delle prime cinque aziende tech è raddoppiato dall’11% del 2014 al 22% del 2020. A confronto, lo share delle ultime 300 aziende è diminuito dal 20% a meno del 15%.

Inoltre, gli indici hanno un effetto di governo su coloro i quali vengono valutati. Incentivano le aziende o gli Stati che vengono valutati a conformarsi e a soddisfare i presupposti normativi al di sotto di queste rappresentazioni numeriche. Ciò sembra inevitabile: una migliore performance di indice ha effetti positivi sia materiali sia ideativi.

L’esempio più noto di queste misure di valutazione numerica nella finanza globale sono le agenzie di rating, che possono cambiare l’allocazione di capitale per miliardi di dollari aumentando o diminuendo la valutazione di imprese e Paesi.

Allo stesso modo, decidendo cosa includere o escludere da un indice, iI fornitori fanno valutazioni riguardo il valore di investimento di imprese e interi Paesi (ad es. gli indici fondamentali MSCI World e Emerging Markets) e possono cambiare i flussi finanziari. Questo è vero anche per il modo in cui le decisioni di inclusione sono calcolate. L’esempio più calzante è la recente inclusione della Cina in tutti gli indici chiave Emerging Markets. Ci si aspetta che questa decisione da sola abbia come risultato un flusso di capitali da investimenti esteri di circa 400 miliardi di dollari sul lungo periodo.

Probabilmente, in questa nuova era di gestione passiva, la relazione che c’è tra i fornitori di indici e i mercati azionari è la stessa che c’è tra le agenzie di rating e il mercato obbligazionario: guardiani cruciali che esercitano de facto poteri di controllo.

Fondi timone: il potere crescente dei fornitori di indici

Storicamente, i fornitori di indici erano principalmente fornitori di informazioni. Gli indici erano “notizie”, utili per le decisioni di investimento, ma probabilmente non essenziali. I fondi a gestione attiva li usavano semplicemente come linee guida per confrontare la loro performance, e non ci si aspettava che i fornitori dirigessero i mercati finanziari. Come abbiamo detto, il segno distintivo della gestione attiva di investimento era quello di essere differente dall’indice: più che essere affidabile, l’indice era lì per essere battuto. Quindi, le decisioni dei fornitori di indici riguardo la composizione degli indici stessi avevano un impatto relativamente limitato sui flussi finanziari: la deviazione dall’indice era un valido strumento di misura del rischio. Ma la loro composizione esatta non era ancora cruciale per gli investitori, sia per le compagnie all’interno, sia per i Paesi.

Questo cambiò in modo strutturale con la crisi finanziaria globale, che causò due tendenze in consolidamento: la concentrazione e l’ascesa degli investimenti passivi. Insieme, queste due tendenze hanno trasformato i fornitori di indici che, dal fornire informazioni, sono passati a influenzare l’allocazione dei fondi di investimento nei mercati finanziari.

In un primo momento, l’industria degli indici si concentrò, soprattutto perché le banche vendettero attività non primarie per raccogliere denaro, per cercare di rimanere in piedi durante il crollo finanziario che si è verificato nel loro settore. Per il 2017, i tre indici S&P DJI, MSCI e FTSE Russel contavano rispettivamente per il 27%, 26% e 25% dei ricavi nel settore degli indici.

Questa concentrazione nel mercato ha poi condotto in posizioni di potere sempre più importanti alcuni fornitori di indici, i quali avevano storicamente posizionato loro stessi e i loro marchi nei mercati finanziari. Con margini di profitto del 60-70% di media, operano in una struttura di mercato molto simile ad un oligopolio. Ciò succede perché i loro indici non sono facilmente sostituibili, a causa del loro marchio riconosciuto e delle esternalità di rete, ad esempio attraverso mercati di future liquidi basati sui loro indici. Lo S&P 500, ad esempio, rappresenta le blue-chip americane meglio di qualunque altro indice. È anche l’indice più monitorato globalmente, e i futures sull’indice S&P 500 sono i contratti futures più scambiati nel mondo.

In un secondo momento, e di maggior importanza, la massiccia migrazione di fondi verso gli investimenti passivi ha significativamente incrementato l’autorità dei fornitori di indici. Questi ultimi sono arrivati a influenzare la distribuzione dei fondi di investimento in modi mai visti, mentre un numero sempre maggiore di fondi replicavano direttamente gli indici da loro posseduti, costruiti e mantenuti. Gli ETF che replicano l’indice FTSE Russell sono più che raddoppiati, dai $315 miliardi nel 2013 ai $765 miliardi nel 2019. Nel frattempo, i fondi di investimento passivo che monitoravano gli indici MSCI sono incrementati di oltre sette volte il loro valore tra il 2008 e il 2020, dai $132 miliardi ad oltre 1 bilione di dollari. Gli ETF e i fondi comuni di investimento che seguono gli indici S&P DJI hanno avuto un rialzo dai $1,7 bilioni nel 2011 agli impressionanti $6,3 bilioni nel 2019. Mentre nel passato gli indici fissavano vagamente le posizioni dei fondi comuni attraverso linee guida, hanno ora un effetto istantaneo, “meccanico”, sulle posizioni dei fondi passivi.

Mentre i fondi passivi semplicemente replicano un indice, le decisioni dei fornitori di indici di cambiare la composizione di un indice portano ad una riallocazione dell’attivo in modo semi-automatico. I fornitori di indici “guidano” ora i flussi finanziari in modo efficace.In aggiunta, i fornitori di indici hanno sempre più un effetto di guida sui fondi di investimento attivo. Gli indici affermati e ben noti sono usati come benchmark diretti dai fondi di investimento attivo, che misurano la loro performance in confronto con tali indici. È per questa ragione che sono cruciali, al pari di linee guida, per formare decisioni di investimento.

L’uso di benchmark di confronto con gli indici ha raggiunto proporzioni enormi: US $14,8 bilioni, US $16 bilioni e US $11,5 bilioni di attivo (azioni e obbligazioni) rispettivamente sono stati messi a confronto con gli indici MSCI, FTSE Russell e S&P DJI nel 2018/2019. Come paragone, nel 2013 il corrispettivo era di US $7 bilioni (MSCI), US $7,1 bilioni (S&P DJI) e US $7,1 bilioni (FTSE Russell).

Essenzialmente, l’ascesa della gestione passiva aumenta anche l’autorità dei fornitori di indici attraverso la gestione attiva. Orientando sempre più il capitale passivo, le decisioni di indice muovono meccanicamente parti sempre più grandi del mercato. Questo produce un “effetto leva”, che i fondi a gestione attiva devono seguire.

Certamente, questo effetto varia tra i tipi di investitori: i fondi speculativi hanno, ad esempio, più margine di manovra nel seguire i cambiamenti degli indici, mentre i fondi pensione devono replicare le composizioni degli indici in modo molto più preciso. Comunque, questo effetto è difficile da neutralizzare. Oggi, il più giorno di trading nel mercato azionario con scambi più elevati negli USA è il Russell Recon, l’annuale ricostituzione dei benchmark di indici FTSE e Russell in giugno.

Complessivamente, con il continuo incremento della gestione passiva degli investimenti, i fornitori di indici sono diventati potenti attori del mercato. Non più semplici benchmark, i loro indici sono diventati pilastri fondamentali in questa nuova era dei mercati finanziari americani. Nel passato, lo scopo degli indici era quello di misurare i mercati, ora li orientano.

Una nuova era, nuovi problemi

Gli indici sono destinati a durare e così i fornitori di indici stanno diventando attori sempre più centrali in questa nuova era della finanza americana. Però, come abbiamo descritto nel dettaglio in un articolo recentemente pubblicato, la loro ascesa e il modello di business in sé non sono senza problemi. Infatti, arrivano nuovi problemi specifici in questa nuova era di finanza americana.

Come abbiamo scritto in precedenza, i fornitori di indici hanno una significativa discrezionalità nel formulare metodologie sulla creazione di indici. Adriana Robertson, per esempio, sottolinea che la metodologia dell’importante indice S&P 500 è stata cambiata almeno otto volte tra il 2015 e il 2018.

Lo S&P 500, ad esempio, mentre rappresenta il mercato azionario USA, consente anche alle aziende di avere la sede nel “domicilio di convenienza”, paradisi fiscali come le Bermuda, l’Isola di Jersey o le Isole Cayman. Questo incoraggia sia l’ottimizzazione aggressiva del carico fiscale sia i sistemi di elusione fiscale. In contrasto, i fornitori di indici decisero a metà degli anni 2000 che gli azionisti di maggioranza erano da escludere dai calcoli dei pesi negli indici. Questo portò ad una migrazione di massa dei fondi dall’Asia Orientale e dall’Europa Continentale, dove partecipazioni strategiche e attività a conduzione familiare sono più pronunciate rispetto alle aziende negli Stati Uniti o in Gran Bretagna.

I “nuovi proprietari permanenti e universali” Blackrock, Vanguard e State Street, che dominano il settore dei Fondi Indice con il titolo di “Big Three”, sono tuttavia esenti da questa regola. Questi tre “proprietari universali” condividono molte caratteristiche dei grandi investitori sul lungo periodo. In modo particolare, le azioni in loro possesso nei fondi passivi non sono prontamente disponibili per il trading. Infine, i fornitori di indici sono diventati attori centrali della ristrutturazione in una economia green, visto che si sono posizionati come enti regolatori fondamentali per i fondi ESG (ambiente, sociale, governance). Per questa ragione, i fornitori di indici hanno un importante ruolo nello stabilire gli standard per il governo d’impresa, visto che sempre più definiscono “gli standard di ciò che è considerato accettabile nella finanza internazionale”.

D’altra parte, i fornitori di indici non sono certo liberi dall’intromissione politica. Come argomenta Mike Bird del Wall Street Journal, le autorità cinesi ebbero successo nel mettere pressione sul MSCI e altri fornitori di indici, portandoli ad includere i titoli cinesi A-shares nei loro principali indici sui mercati emergenti. Gli investitori esteri che furono forzati ad investire in Cina dopo l’inclusione dovevano rispettare le regole cinesi sul funzionamento dei mercati. Come risultato, le pensioni dei veterani americani (che sono parzialmente investite in fondi passivi che replicano questi indici) furono improvvisamente investite in aziende di difesa cinesi. Questo fu discusso ampiamente dai legislatori degli Stati Uniti e il risultato è stata la messa al bando di questi investimenti decretata dall’amministrazione Trump. Questo ha forzato i fornitori di indici a ripensare la loro strategia di inclusione della Cina.

I fornitori di indici sono diventati attori principali nei mercati di capitali, le loro decisioni hanno un impatto sull’allocazione di investimenti dal valore di bilioni di dollari. Da notare che la pandemia da Coronavirus non ha invertito questo trend, anzi potrebbe averlo addirittura accelerato. I fondi obbligazionari indicizzati hanno rilevato afflussi da record nel 2020.

La concentrazione nel settore dei fornitori di indici sta continuando, l’annuncio recente dell’acquisizione per $44 miliardi di IHS Markit (incluso l’indice obbligazionario iBoxx) da parte di S&P è un esempio significativo. Come ci indica il caso di insider trading nello S&P DJI, più che essere neutrali esercizi tecnici, i calcoli dentro gli indici possono indurre a comportamenti dannosi. Anche se questo è il primo caso scoperto e noto pubblicamente, non è improbabile che questo fenomeno sia più diffuso. E diventerà un problema maggiore all’aumentare dell’importanza degli indici.

In altre parole, i fornitori di indici sono diventati un oligopolio con enorme influenza sulle decisioni di investimento finanziario, e il caso impressionante di Tesla non sarà l’ultimo. Alcuni analisti di Wall Street stanno già suggerendo ai loro clienti di non aumentare le loro partecipazioni a seguito del ribilanciamento degli indici. In contrasto con questo dato esagerato, “secondo ogni metrica convenzionale” Tesla era notevolmente sovrastimata, visto che il costo dell’azione veniva scambiata a più di 1000 volte del suo rapporto prezzo/utili.

Anche se questo è certamente vero, i fondi passivi sono ora “bloccati” a causa dell’inclusione nell’indice, con una stima di circa $70-120 miliardi di fondi (semi) passivi che stanno venendo orientati verso le azioni di Tesla.

Discutibilmente, per approfittare di questa ondata di afflussi prevedibili, Tesla ha annunciato di raccogliere $5 miliardi tramite l’emissione di azioni nei prossimi mesi. Potrebbe non essere un’esagerazione chiamare questo comportamento “ingannevole” nei confronti dell’inclusione nell’indice. Ma, in ogni caso, il primato degli indici è destinato a durare. Benvenuti in una nuova era della finanza americana dove gli indici, e non gli investitori, modellano sempre più i mercati finanziari.


 
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